La
depressione è un disturbo frequente nella popolazione ed è caratterizzata da
sentimenti continui o di lunga durata di tristezza, mancanza di interesse,
tensione che possono interferire con la vita di tutti i giorni. Ogni persona
può sperimentare la depressione a qualsiasi età.
LA DEPRESSIONE NON È UN SEGNO DI DEBOLEZZA
La
depressione è due volte più comune nelle donne che negli uomini. Segni
e sintomi di depressione più comuni includono tristezza, ansia, irritabilità,
energia diminuita, difficoltà di concentrazione, abitudini di sonno anomale,
alterazioni dell'appetito e altro ancora. Questo requisito è spesso trattato
con successo con una combinazione di farmaci e psicoterapia, tuttavia molti
individui con depressione non cercano un trattamento a causa di stigma,
vergogna o pregiudizio.
La
depressione non è un difetto di carattere o un segno di debolezza, è un
disturbo che se non trattato può diventare una vera e propria malattia.
QUAL È LA CONNESSIONE
TRA CELIACHIA E DEPRESSIONE?
Da
un punto di vista fisico
Secondo
diversi studi, c'è una possibile collegamento tra le funzioni cerebrali e
malassorbimento che è l'incapacità di assorbire le sostanze nutrienti dei cibi
in modo corretto.
Quando
l'intestino è “danneggiato”, le sostanze indispensabili per l’organismo
transitano attraverso l'intestino senza passare nel sangue per essere poi
distribuite in tutto l’organismo.
Il
rischio di sviluppare la depressione per le persone affette da celiachia è di
1,8 volte più probabile, rispetto alla popolazione generale
Adottare
la dieta priva di glutine possono contribuire ad alleviare i sintomi della
depressione per le persone affette da celiachia poiché i nutrienti essenziali
anche per mantenere buono il tono dell’umore, vengono di nuovo assorbiti.
Da
un punto di vista psicologico
La
depressione può verificarsi prima della diagnosi poiché i disturbi provocati
dal glutine in soggetti geneticamente predisposti alla malattia sono molto
forti.
Convivere
con dolori gastrici (allo stomaco) e addominali, le reazioni cutanee, l’anemia,
rendono la vita dei celiaci difficile e molto faticosa.
Dopo
la diagnosi, soprattutto se avviene dopo lo svezzamento o anche da più grandi,
vi è un grande contraccolpo nel cambiamento delle abitudini alimentari;
abituarsi a nuovi sapori, fare il “lutto” dei cibi di prima che si sono amati e
che hanno caratterizzato una parte della propria vita.
Questo
distacco è reso difficile anche dalla difficoltà soprattutto da bambini di poter
collegare i disturbi fisici ai cibi, soprattutto quelli migliori: il pane
fresco del forno, la pizza, la pasta con un sugo preparato con amore dai
familiari, i cibi delle “feste”, i dolci, le torte di compleanno.
Tutti
i cibi sono investiti di grande valore affettivo, mezzo e tramite di scambi
relazionali profondi con i propri genitori, i familiari, gli amici.
Dopo
la diagnosi la persona celiaca scopre che avrà una vita “tutta curve”, in cui
l’attenzione ai cibi e alla contaminazione, impegna molto la volontà e da un
punto di vista emotivo.
Le
persone celiache sono dotate di grande spirito di sacrificio che ha un grande
impatto e carico emotivo nella loro vita.
L'impatto
è significativo anche nella vita quotidiana in cui l’attenzione
all’alimentazione è una continua sfida, sia per le sollecitazioni che possono
venire sia dalla dieta priva di glutine, non semplice da attuare fuori casa,
sia dalla gestione di una condizione cronica, non suscettibile di cambiamento.
CONSEGUENZE
PSICOLOGICHE NELLE VARIE ETÀ DELLA VITA
INFANZIA
Se
la diagnosi viene fatta allo svezzamento il bambino non conosce altre abitudini
alimentari e quindi la dieta viene più facilmente integrata allo stile di vita.
Sembra
che la celiachia sia percepita dal bambino in modo diverso a seconda che la
diagnosi avvenga prima o dopo lo sviluppo del linguaggio (1,5/2 anni): prima il
bambino cresce semplicemente in un mondo senza glutine e non conosce un altro
modo di vivere, mentre dopo egli sente che qualcosa nella vita gli è stato
tolto e vi deve rinunciare.
Se
la diagnosi avviene con l’inizio della scolarizzazione, anche se i disturbi
fisici scompaiono generalmente in breve tempo con la dieta senza glutine,
possono permanere più a lungo alcune alterazioni emotive e nel comportamento:
rabbia, irritabilità, svogliatezza a scuola, aggressività apparentemente
immotivata con amichetti e compagni, agitazione psicomotoria come espressione
di un disturbo depressivo e manifestazione di un disagio interiore, per l’
”ingiustizia” di avere una malattia che costringe a fare una vita diversa
rispetto agli altri e che fa sentire “diversi” anche se non si “vede” e forse
per questo anche più dolorosa per la paura di non essere creduti e di non
essere capiti.
ADOLESCENZA
Nell’adolescenza
si possono avere reazioni contrapposte, si possono osservare adolescenti
rigidamente ligi alla dieta o “trasgressivi”.
Gli
adolescenti celiaci sono generalmente dei “soldatini” con di tratti ansiosi e talvolta “fobici”, realmente terrorizzati dalla possibilità di
ingerire cibi “contaminati da limitare le proprie relazioni sociali o
condizionarle molto.
Può diventare un elemento identitario forte vissuto come una “caratteristica” o come un “problema”.
Se la diversità è un
problema, si può manifestare con gli amici, dove per allinearsi agli altri gli
strappi alla dieta possono essere anche frequenti, nascosti alla famiglia,
poiché a casa, dove si sente tranquillo e non giudicato, la dieta è seguita con
scrupolo.
Poiché
nell’adolescenza è naturale la modificazione dell’immagine di sé e
dell'immagine che gli altri hanno di lui, l’adolescente celiaco può rifiutare
la propria condizione, “combatterla”, ribellarsi ad essa e trasgredire alla
dieta nel tentativo di sostenere la propria “autostima” e non sentirsi “malato”
o non accettato.
Mentre
i bambini si attengono a quello che dicono i genitori e i pediatri, desiderano
essere guidati, imparare e fare felici i genitori, rispondono bene alle
rassicurazioni e le gratificazioni, desiderano non avere più “mal di pancia” e
finalmente stare e sentirsi bene.
Gli
adolescenti invece rispetto alla dieta sono influenzati da alcune variabili:
1 -L’età
della diagnosi
2 -L’ansia
e la preoccupazione dei genitori
3 -Il
legame di dipendenza che la malattia induce tra genitori e figli
4 -L’assenza
di sintomi acuti dopo gli “strappi alla dieta”
5 -Il
vissuto e l’esperienza di “diversità” rispetto ai coetanei e ai familiari se
non celiaci
ETÀ
ADULTA
Accettare
l’idea che per tutta la vita si debba rispettare rigorosamente la dieta non è
semplice ma più accettabile e alla fine una consuetudine se si proviene da
un’esperienza di sofferenza fisica importante.
Questo
è più semplice nella vita privata, in famiglia, mentre è più complesso nella
vita lavorativa e nella vita sociale, anche a causa della scarsa conoscenza del
problema in generale e della scarsità di strutture adeguatamente attrezzate per
i celiaci.
I
celiaci desiderano vivere una vita il più possibile normale, non amano isolarsi
e non si sentono “speciali”, ma gli ostacoli della vita quotidiana, in primis
il timore di rimanere senza cibo, è un pensiero che li accompagna
costantemente, anche se non viene dichiarato.
Anche
le continue “rinunce” hanno un peso sull’equilibrio emotivo, i controlli medici costanti e periodici, i protocolli di prevenzione entro i quali sono inseriti.
Holmes
(1996) ha condotto uno studio su celiaci adulti a dieta da 10 anni e ha
riscontrato una percentuale di depressione, anche grave, nel 10% dei celiaci.
Infatti,
mentre lo stato d’ ansia seguente alla diagnosi decresce con il passare del
tempo, lo stesso non avviene con lo stato depressivo, che sembra essere
frequentemente associato alla celiachia, insieme ad una qualità di vita
percepita significativamente peggiore rispetto alla popolazione generale, in
termini di vitalità e benessere generale. Si può ipotizzare che la presenza di
disturbi psicologici possa ridurre la percezione della qualità di vita e della
compliance alla dieta, questo a confermare che non è sempre detto che
l’adesione alla dieta garantisca la percezione della salute (globale, fisica +
psicologica) nel paziente. (I.G. Cimma).
IL
SUPPORTO PSICOLOGICO
I
bambini come gli adolescenti celiaci e le loro famiglie necessitano oltre che
il supporto da parte dell’équipe medica di riferimento, anche di un supporto
psicologico, di una psicoterapia analitica o di un'analisi sia essa
individuale, della coppia genitoriale o della famiglia.
Vivere
con una malattia cronica, anche se asintomatica grazie alla dieta, non è
facile.
Molti
pazienti riferiscono che a periodi sia “sfibrante”, una sorta di “spina
irritativa” che li accompagna.
L'analisi è importante poiché
1- permettono di lavorare sugli aspetti
micro-traumatici quotidiani di una quotidiana "dieta ferrea";
2- rendono più resistenti rispetto alla
tentazione di “cedere”;
3- aiutano ad “integrare” il proprio essere celiaci in
modo armonioso all’interno della personalità che è un’entità complessa e va ben
oltre il disturbo; aiutano ad “organizzare” la propria vita non in funzione
della celiachia ma comprendendola e adattandosi così alle variabili che la vita
sociale, lavorativa e familiare comportano;
4- permettono di affrontare le
difficoltà con maggior forza, fiducia e determinazione;
5- curano o prevengono gli
scivolamenti depressivi.
CELIACHIA
E SCUOLA
I
genitori di bambini e adolescenti celiaci, dietro certificazione specialistica
che ne attesti la necessità, possono richiedere l’attivazione di un B.E.S
(legge 170/2010) in ambito scolastico che potrà essere temporaneo o prolungato
a seconda delle necessità soggettive.
Adelia Lucattini
Adelia Lucattini
"La depressione non è un difetto del carattere: celiachia e depressione"
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