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PARLARE AI FIGLI E FARSI CAPIRE: ISTRUZIONI PER GENITORI CURIOSI

Saper parlare in modo corretto ed efficace con i bambini richiede un apprendimento, non è intuitivo di per sé. Spesso si trasmette di madre in figlia ma può anche essere appreso in modo semplice sapendo come funziona la mente dei figli prima bambini e poi adolescenti, sempre in crescita ed in evoluzione. I bambini e poi gli adolescenti desiderano molto parlare ma soprattutto vogliono essere ascoltati. Instaurare il dialogo con loro, farsi ascoltare, aiutarli a seguire le indicazioni e rispettare le regole non è poi così difficile!

 1 - Evitare il “cinguettio" detto anche "baby-talk”

Evitare di parlare come imitando il parlare stridulo, alto e disarticolato dei bambini piccoli, questo può andar bene con i neonati, nei momenti di gioco, ma i bambini hanno bisogno d’imparare a parlare e in modo corretto, inoltre anche di saper distinguere bene il tono e il senso di quello che viene detto dalla mamma e dal papà. I fratellini poco più grandi possono anche farlo, senza esagerare, altrimenti potrebbe prendere una piega poi difficile da correggere: il “piccolino a vita”.

Molto meglio usare il nostro normale timbro di voce e pronunciare le parole in modo corretto. I bambini capiscono fin dal primo giorno di vita e comunicano. I bambini nascono già in grado di comunicare, tutto sta imparare a decodificare il loro codice di comunicazione mano mano che crescono e soprattutto quando ancora non parlano.Ma non è poi così difficile, basta osservarli e ascoltare le mille modulazioni dei suoni che emettono. Si dice infatti che la voce dei bambini sia “la voce degli angeli”.

 2 – Arricchire il linguaggio e cambiare modo di parlare a seconda dell’età dei bambini

 Essere il genitore è bello ma è difficile e richiede conoscenze e pensiero, nonché qualche sforzo, soprattutto nei momenti di passaggio dei figli.Trovare il giusto modo di comunicare e di farsi capire dai figli talvolta può essere arduo, soprattutto se si è stanchi o in un periodo di stress e tensioni per i genitori.

 3 – Parlare ai figli piccoli anche col corpo

Parlare in modo calmo, abbassandosi e cercando di guardarli sempre negli occhi, abbassandosi se si è vicini, intercettando il loro sguardo da lontano. Anche i richiami devono essere con voce “ferma” ma mai terrorizzati, i bambini potrebbero confondersi e non capire se sono in pericolo o se stanno facendo qualcosa di male. Inoltre, anche a quest’età e soprattutto in quella scolare, è importante spiegare loro il perché delle varie decisioni che si prendono quotidianamente nei loro confronti; la risposta «perché no» non è educativa per il bambino, il quale non riesce a capire il «no» dato dall’adulto a una sua richiesta.

Prendersi il giusto tempo per spiegargli perché mamma e papà hanno preso quella decisione, comunicando anche le varie emozioni che sperimentano perché i bimbi imparano a percepire e a dare un nome alle emozioni, grazie all’azione di rispecchiamento che mettono in atto gli adulti.

4 – Parlare con i figli preadolescenti (10-12 anni)

Questa è l’età in cui i figli cominciano a distinguersi in modo più evidente dai genitori, nei bambini accade ma si nota meno e a cercare d’“imporsi” con la propria volontà. A questa età sono utili metafore e le similitudini, i racconti, gli esempi, per far comprendere determinati concetti. È sempre necessario parlare usando un linguaggio corretto, un timbro di voce normale e dire la verità, nel modo giusto, in modo che possano comprenderla ed emotivamente sostenerla. Vanno coinvolti e informati senza essere shockati! Questa l’età in cui i figli incominciano a fare delle domande “scomode”, se non lo hanno già fatto da bambini magari perché sollecitati dagli amichetti.

 A quest’età è normale perché inizia la fase di crescita fisica e sessuale che porterà a breve lo “scatto puberale”, la maturità sessuale da un punto di vista corporeo con tutti i turbamenti per i rapidi cambiamenti del corpo a cui la loro mente deve abituarsi.

Possono fare domande sul sesso o la vita: in questi casi, è bene prendersi tempo per parlare, un tempo specifico, un “tempo dedicato”, non rubato tra un boccone e l’altro, sulla porta o mente si sta scappando a scuola o al lavoro in mezzo al traffico o incalzati dall’orologio.

 a) Sedersi con loro e rispondere alle varie domande,

b) Usare metafore solo se utili a far capire il concetto

c) Non deviare dall’argomento principale

 In un mondo tecnologico come quello in cui viviamo è meglio che siano i genitori o gli adulti di riferimento a rispondere a queste domande, anche se imbarazzanti, piuttosto che lasciarli “da soli” a cercare informazioni su internet o attraverso il sentito dire degli amici.

 5- Parlare con i figli adolescenti

Innanzitutto, prima ancora di parlare, ascoltare è la chiave della comunicazione e la partecipazione. Esistono delle “frasi passe-partout”, delle frasi che usiamo spesso che che ci permettono di entrare subito in contatto, a iniziare il discorso. Dopo segue il “fare insieme”.

Per insegnare regole e doveri la chiave non è impartire ordini senza spiegazioni, “perché lo dico io” ma ad esempio “Vieni che ti faccio vedere come si fa” e fare insieme cose che diamo per scontato che i figli sappiano fare solo perché le hanno viste fare. Non è così.

preparare lo zaino, mettere gli abiti sporchi nel cesto, apparecchiare, sparecchiare, poi fare la lavastoviglie, sistemare la libreria o la camera segue delle “procedure”, ha degli automatismi che i bambini ma anche gli adolescenti non hanno e che hanno bisogno prima di vedere, poi che venga loro insegnato, alla fine saranno in grado di farlo in automatico. Sembrano semplici perché le facciamo più volte, invece richiedono molto tempo perché i bambini e poi gli adolescenti, imparino a farle con disinvoltura. Hanno bisogno di essere seguiti e d'imparare i "trucchi" per fare presto e bene.

 Insegnare a prendersi cura della propria persona e delle proprie cose, come ci si comporta a tavola o in pubblico è come imparare a giocare a calcio, bisogna conoscere le regole e poi insieme al mister giocare, allenarsi, fare le partite, prima due volte a settimana, poi tre, poi il fine settimana, poi dopo il 15-16 anni tutti i giorni.

 5 – Dalle Alpi alle Ande: i ragazzi si somigliano molto

Wendy Mogel nella sua rubrica sul New York Times, sul come comunicare con i bambini e rapportarsi a loro in modo costruttivo afferma che è inutile cercare di “imporre” un dialogo, soprattutto da parte dei genitori, ma invece questo vale per tutti gli adulti che hanno a che fare con i bambini e con gli adolescenti.

 “Piuttosto, bisogna cercare di sfruttare i numerosi canali che i bambini ci offrono, ma che noi adulti spesso siamo restii a vedere: per esempio, quando ci spiegano qualcosa che li appassiona nel dettaglio, di cui magari a noi importa poco, ma che sarebbe bene stare ad ascoltare con l’atteggiamento di chi ignora: «Mamma, lo sai che lo squalo più grande al mondo è quello bianco? E non è vero che è un assassino, muoiono più uomini per colpa del morso di un cane che di uno squalo». La mamma risponde: «Davvero? Non lo sapevo!».

 Oppure, è bene stare ad ascoltarli, quando cominciano a parlarci in modo spontaneo: di solito, questo accade quando sediamo fianco a fianco, è più semplice per loro comunicare in questo modo, rispetto al guardarsi fissi negli occhi, gli adolescenti sono spesso imbarazzati quanto i genitori e più timidi, non desiderano essere “scoperti” a meno che lo desiderino loro".

 Non bisogna dimenticare che esiste la credenza che “gli occhi siano lo specchio dell’anima”, se non guardano come quando erano bambini, è perché temono di essere scrutati e che qualcuno anche i genitori possano scoprire chissà quali “imperfezioni” (così vengono percepiti i cambiamenti) ed essere giudicati. I figli desiderano solo essere amati, capiti, guidati con fermezza, saggezza e si aspettano di essere rimproverati se trasgrediscono, sta nel gioco delle parti. Un adulto autorevole e stimabile agli occhi di un bambino come di un adolescente è chi sa chiedere, insegnare e far rispettare le regole che devono essere dichiarate, esplicite, costruttive. L’adulto se ne fa custode e garante, in quanto custode protegge, in quanto garante insegna e se necessario rimprovera, spiegando perché e insistendo.

Crescere è un lavoro “artigianale” che s’impara “a bottega”, alla "bottega" di mamma e papà, in famiglia e poi anche a scuola, facendo sport, studiando musica, agli scout, ai centri estivi, nelle vacanze-studio, frequentando nonni, zii e amici di famiglia apprezzati, stimati, "scelti" anche dai genitori.


 Adelia Lucattini

 

 


Vai alla Fonte

"Qual è il modo corretto per comunicare con i bambini?"

Di Francesca Favotto – Vanity Fair – Lifestyle

 

Vai alla fonte

di Wendy Mogel – New York Times

"Should We Speak to Little Boys as We Do Little Dogs?"


Fonte Foto

The NYT

 

 

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