La
"pandemic fatigue" è la stanchezza fisica e mentale dovuta allo
stress da pandemia di Covid-19, che è così forte da sfinire e immobilizzare.
L'assenza di energia. La pandemia ha toccato tutti e in un momento in cui ci
viene chiesto di rinnovare attenzioni e cautele, senza certezze sulla fine di
tutto questo, ecco che arriva un po' di apatia e demotivazione. Che è secondo
l'Organizzazione Mondiale della Sanità è "una risposta prevedibile e
naturale a uno stato di crisi prolungata della salute pubblica, soprattutto
perché la gravità e la dimensione dell’epidemia da Covid-19 hanno richiesto
un’implementazione di misure invasive con un impatto senza precedenti nel
quotidiano di tutti" compreso di chi non è stato direttamente toccato dal
virus. Con il rischio della perdita di fiducia nelle misure anti-Covid-19.I
governi dovrebbero sforzarsi di comprendere di più i cittadini, per evitare di
generare rabbia e frustrazione. E poi adottare misure semplici ma incisive, che
permettano di vivere in sicurezza la propria vita. È una risposta psicofisica
naturale e anche prevista nelle situazioni di crisi prolungata che coinvolga i
singoli individui e la salute pubblica.
Che cos'è esattamente?
"E' una reazione a eventi eccezionali prolungati. Una reazione psicofisica ad uno stress duraturo, con sintomi psicologici di stanchezza, disillusione e sintomi fisici correlati allo stress prolungato. I fattori in gioco sono molti, innanzitutto il fatto che la pandemia da Covid-19 è nuova e ci ha colto impreparati. L'ultima pandemia è stata la spagnola, dal 1918 al 1920. I sopravvissuti sono ormai pochi e molto anziani, non in grado comunicare la loro esperienza all'interno dei nuclei familiari. Inoltre la gravità e l'entità della pandemia da Covid-19 hanno richiesto misure 'invasive', con un impatto senza precedenti sulla vita quotidiana di tutti, compreso di chi non si è ammalato: distanziamento fisico, mascherine per tutto il giorno, limitazione dei contatti tra familiari, stravolgimenti delle modalità scolastiche, sul posto di lavoro e avvio dello smart working in modo diffuso".
Da che cosa la riconosciamo?
È
un tipo di fatica molto particolare, una stanchezza mentale con perdita di
forza psichica e ha un nome preciso: "anergia" ovvero quella
sensazione in cui si desidera fare una cosa ma poi non la si fa, non per un
impedimento fisico ma perché mentalmente faticosa e quindi si rinuncia. Questa
forma di stanchezza è insidiosa poiché all'inizio non è facilmente
riconoscibile. Uno dei segnali è l'insofferenza verso le regole per contrastare
l'epidemia e contenere il diffondersi del Covid-19. È chiaro che le regole
rendono la vita di tutti i giorni più complicata e faticosa, meno piacevole, ma
non rispettarle implica la possibilità d'infettarsi. All'inizio c'è stata una
risposta molto vivace nell'accettare le restrizioni, per il pensiero costante
della malattia, della morte e della perdita. Con il tempo può diventare
insostenibile, a meno che ci si senta all'interno di un progetto personale,
familiare e collettivo, partecipi dell'impresa di salvare se stessi e aiutare
gli altri. Un altro elemento critico è la mancanza di un orizzonte temporale
certo. L'incertezza richiede molte forze per poter essere sopportata, mina la
sicurezza personale.
Può
colpire chiunque, a qualunque età. Naturalmente ci sono persone che la
sviluppano prima, alcune che reagiscono di meno e altre che recuperano più
rapidamente. I più esposti sono gli operatori sanitari che vanno incontro a
fenomeni più specifici, come errori da burn-out, perché non hanno sufficienti
tempi di recupero per smaltire lo stress lavorativo. Gli adulti possono
sviluppare una forma di 'negazionismo difensivo' per riuscire a sostenere le
angosce provocate dal pericolo di infettarsi e dallo stress quotidiano del
dover far rispettare le misure di prevenzione anche in famiglia, a scuola, sul
posto di lavoro. Gli adolescenti passano da un'adesione meticolosa alle regole
fino all'auto-lockdown, al superamento delle angosce attraverso la ribellione e
la trasgressione. Per i bambini invece un clima familiare e la capacità dei
genitori di rassicurarli gioca un ruolo fondamentale. Possono risentire di uno
stress prolungato soltanto se c'è incertezza: i bambini sono abitudinari, le
regole, le abitudini, i punti fermi servono a contenere le loro emozioni e a
favorire o sviluppo mentale.
Colpisce le singole persone o è un fenomeno generale?
La
fatica da pandemia è una dimensione individuale, ma le persone non sono monadi,
vivono in comunità, sono attratte dalla socializzazione, grazie al gruppo
possono sperimentare un senso di appartenenza e soddisfare parte dei propri
bisogni materiali e psicologici. Nei gruppi gli individui sperimentano due tipi
di stati mentali, uno cosciente razionale e l'altro inconscio e pulsionale. Chi
appartiene a un gruppo, in seguito ad una regressione inconscia, rinuncia a
qualcosa di se stesso. Stanchezza, incapacità di eseguire le prescrizioni
richieste, paure e preoccupazioni del singolo possono essere riversate e
condivise in un gruppo che, se ben funzionante, permette di alleggerirsi, di
rafforzarsi l'un l'altro, di darsi appoggio e forza psichica. Se invece il
gruppo funziona con meccanismi di difesa inconsci (si chiamano "assunti di
base") volti a tenere sotto controllo angosce primitive, allora
l'inconscio del gruppo può spingere gli individui a comportamenti contrari alle
idee razionali.
Che cose si può fare per reagire alla stanchezza?
L'OMS ha fornito una serie di indicazioni per favorire l'adesione della popolazione alle richieste delle autorità sanitarie dei rispettivi governi. La prima è comprendere le persone, il loro profondo disagio e direi anche lo smarrimento, un senso di paralisi di fronte ad un pericolo sconosciuto e invisibile. Un'altra indicazione è consentire la vita normale riducendo il rischio, attraverso poche regole chiare, spiegando perché sono necessarie e mostrandone l'efficacia. E poi c'è il fattore fiducia: è importante infondere fiducia sulla possibilità di farcela e tirare tutti in campo come parte della soluzione, come protagonisti. Sarebbero inoltre molto utili gruppi di ascolto e interventi psicologici diffusi".
Cosa possiamo fare nella vita quotidiana?
Per
non soccombere alla stanchezza è indispensabile avere un orizzonte temporale,
se si ha un tempo definito è possibile trovare risorse in se stessi per
affrontare il quotidiano e pensarsi in un futuro prossimo. La mente per ben
funzionare ha bisogno di muoversi entro confini spaziali e temporali definiti.
Delimitare permette di contenere l'ansia, contrastare lo scivolamento
depressivo, trovare un tempo per le pause, rimettersi in forze. Ma per
concedersi delle pause occorre sapere per quanto tempo ci è richiesto un
sacrificio. Nel quotidiano è importante darsi obiettivi a brevissimo termine,
concedersi gratificazioni che possano compensare i sacrifici. Come scriveva
Goethe: "Si dovrebbe almeno ogni giorno ascoltare qualche canzone, leggere
una bella poesia, vedere un bel quadro e, se possibile, dire qualche parola
ragionevole2.
La socialità ha molte forme. In questo periodo abbiamo dei limiti nel vedere gli amici, vivere la propria affettività attraverso abbracci, baci, strette di mano, stare vicini l'uno all'altro. La socialità non è facilmente sostituibile con quella on-line, anche se per i giovani nativi digitali la dimensione virtuale fa parte di un modo di vivere insieme agli altri e in gruppo. Il virtuale comunque non potrà mai sostituire il reale poiché manca la sensorialità, il calore, gli odori, il tatto.
Adelia Lucattini
"Pandemic fatigue, come reagire alla tristezza da Covid"
Reportage Online