L’aggettivo iperattivo e l’espressione ‘…. è iperattivo….’ rappresenta senz’altro una delle più frequenti usate da genitori, insegnanti, educatori: ‘… non sta mai fermo…’ ‘…secondo me è un pochino iperattivo’, ‘….ma mica avrà….come si chiama….. l’ADHD’. Spesso anche di fronte allo specialista dell’età evolutiva, come ad esempio il neuropsichiatra infantile, l’analista infantile o lo psicoterapeuta dell’età evolutiva, l’aggettivo iperattivo anziché essere formulato in modo interrogatorio viene inserito, dagli adulti, in frasi dal senso vagamente perentorio ‘…dottoressa...ho quasi paura a dirlo… mio figlio è iperattivo ...’.
LE PAROLE SONO IMPORTANTI
Sembra che questi termini
costituiscano una sorta di definizione allargata con cui l’adulto, in prima
battuta, cerca di categorizzare e quindi ricondurre ad una tipologia definita un
insieme eterogeneo sia di comportamenti osservati nel bambino che, in qualche
misura, vengono considerati eccessivi, esagerati o variamente eccedenti sia di vissuti
emotivi personali: tutti accomunati da un senso di grande fatica e disagio, da
parte dell’adulto, non solo nella gestione educativa, ma anche nella relazione affettiva
con il proprio figlio. A seconda dei casi e delle situazioni, il comportamento riferito
viene connotato in termini di eccesso, esagerazione, dismisura, sfrenatezza: ‘…sta sempre a muoversi …’; in altri casi,
viene stressata la mancanza, il difetto nel comportamento speculare ‘… non sta mai fermo …’.
Qual è il confine rispetto ad una
naturale e sana esuberanza infantile, con tutte le possibili sfumature e
variabili legate al temperamento individuale, al contesto in cui si vive e ai
modelli educativi che si ricevono? La capacità di modulare e moderare i propri
comportamenti viene da sé, semplicemente crescendo, o è il risultato di un
lavoro meticoloso e costante in cui le variabili legate al temperamento, il
contesto e i modelli educativi si influenzano reciprocamente nel definire il
personale ed individuale bagaglio di atteggiamenti, regole, modi di agire e
reagire? Quanto il patrimonio genetico che ognuno di noi riceve in eredità
contribuisce a costruire l’intelaiatura affettiva e comportamentale
individuale?
Sono domande tutt’altro che
semplici e che necessitano di riflessione e quindi di tempo da dedicare per
cercare di capire cosa un comportamento sottende. E questo perché i bambini,
più degli adulti, si affidano all’agito comportamentale come veicolo per i
propri vissuti interiori di disagio e malessere.
DEFINIZIONI
DEFINIZIONI
Da un punto di vista clinico, il termine iperattivo definisce un livello di attività inappropriato al
livello di sviluppo del bambino rispetto a quanto atteso e rispetto a quanto
osservato in altri bambini della stessa età e stesso livello di sviluppo. Il
livello inappropriato ha un’accezione sia
qualitativa che quantitativa: qualitativa, perché inappropriato è il repertorio di azioni osservate nei vari contesti;
quantitativa, perché inappropriata è l’intensità
e la pervasività.
In particolare quest’ultimo aspetto risulta significativo: perché i comportamenti osservati possano definirsi iperattivi è necessario che siano presenti e si ripetano nei diversi contesti di vita di un bambino (famiglia, scuola, attività ricreative, sport) e quindi siano tali da causare seri problemi nella vita quotidiana.
L’iperattività così definita racchiude una serie composita di comportamenti: ad esempio, non riuscire a stare seduto su una sedia tranquillamente o riuscire a starci ma solo muoversi di continuo, avere la necessità di alzarsi spesso, irrequietezza motoria, dare l’impressione di essere sempre in movimento ‘come attivati da un motorino’, difficoltà a giocare tranquillamente con gli altri.
Questi livelli di attività possono essere variamente combinati a livelli inappropriati di disattenzione ed impulsività.
Un livello di disattenzione inappropriato per il livello di sviluppo e con un impatto negativo sulla vita quotidiana si manifesta, ad esempio, con facile distraibilità, dare l’impressione costante di non ascoltare, non prestare attenzione alle istruzioni ricevute e quindi non portare a termine compiti e consegne, tendenza ad evitare o provare forte avversione per compiti che richiedono attenzione prolungata, difficoltà ad organizzarsi, eccessiva sbadataggine per cui con facilità si perdono oggetti di uso routinario.
Un livello di impulsività inappropriato si riferisce alla tendenza ad agire precipitosamente e quindi senza preparazione, attesa ed organizzazione: ad esempio, rispondere prima che la domanda sia formulata per intero, non rispettare il turno nelle attività e nei giochi, interrompere le attività di altri ed essere invadente.
In particolare quest’ultimo aspetto risulta significativo: perché i comportamenti osservati possano definirsi iperattivi è necessario che siano presenti e si ripetano nei diversi contesti di vita di un bambino (famiglia, scuola, attività ricreative, sport) e quindi siano tali da causare seri problemi nella vita quotidiana.
L’iperattività così definita racchiude una serie composita di comportamenti: ad esempio, non riuscire a stare seduto su una sedia tranquillamente o riuscire a starci ma solo muoversi di continuo, avere la necessità di alzarsi spesso, irrequietezza motoria, dare l’impressione di essere sempre in movimento ‘come attivati da un motorino’, difficoltà a giocare tranquillamente con gli altri.
Questi livelli di attività possono essere variamente combinati a livelli inappropriati di disattenzione ed impulsività.
Un livello di disattenzione inappropriato per il livello di sviluppo e con un impatto negativo sulla vita quotidiana si manifesta, ad esempio, con facile distraibilità, dare l’impressione costante di non ascoltare, non prestare attenzione alle istruzioni ricevute e quindi non portare a termine compiti e consegne, tendenza ad evitare o provare forte avversione per compiti che richiedono attenzione prolungata, difficoltà ad organizzarsi, eccessiva sbadataggine per cui con facilità si perdono oggetti di uso routinario.
Un livello di impulsività inappropriato si riferisce alla tendenza ad agire precipitosamente e quindi senza preparazione, attesa ed organizzazione: ad esempio, rispondere prima che la domanda sia formulata per intero, non rispettare il turno nelle attività e nei giochi, interrompere le attività di altri ed essere invadente.
Perché si possa ipotizzare che i
comportamenti riferiti e/o osservati rientrino in un livello inappropriato di
iperattività, disattenzione ed impulsività non basta che sia presente un solo
comportamento in un unico contesto o che i comportamenti siano facilmente
circoscrivibili o modificabili. È necessario che i comportamenti siano presenti nei vari contesti di vita di
un bambino e che quindi incidano
negativamente sulle prestazioni scolastiche, l’inserimento sportivo, le
attività di gruppo, la vita in famiglia.
COSA FARE?
Se ci troviamo di fronte ad una
situazione complessa ed articolata, in cui sono presenti i comportamenti
descritti, variamente combinati e con livelli di gravità tale che ci sono
problemi sia a scuola sia a casa è senz’altro necessario avviare una consultazione specialistica, con
operatori esperti delle problematiche neuropsicologiche e psicopatologiche
dell’età evolutiva: neuropsichiatra infantile e psicoanalista infantile.
È importante che la valutazione venga effettuata in équipe (gruppo di lavoro) multidisciplinare composta da specialisti dell’età evolutiva e sia articolata tra prove testologiche standardizzate (tests specifici per età e disturbi), sedute individuali col bambino, colloqui con la famiglia.
E inoltre è utile il coinvolgimento, anche in fase diagnostica, delle altre figure che fanno parte della vita del bambino (insegnanti, nonni, educatori, allenatori), affinché si tenga conto di tutte le possibili fonti di informazioni e quindi il giudizio clinico sia il più esaustivo possibile.
È importante che la valutazione venga effettuata in équipe (gruppo di lavoro) multidisciplinare composta da specialisti dell’età evolutiva e sia articolata tra prove testologiche standardizzate (tests specifici per età e disturbi), sedute individuali col bambino, colloqui con la famiglia.
E inoltre è utile il coinvolgimento, anche in fase diagnostica, delle altre figure che fanno parte della vita del bambino (insegnanti, nonni, educatori, allenatori), affinché si tenga conto di tutte le possibili fonti di informazioni e quindi il giudizio clinico sia il più esaustivo possibile.
Va tuttavia precisato che anche
laddove siano presenti singole
manifestazioni comportamentali o i comportamenti
siano circoscritti ad un solo contesto, una consultazione specialistica, ad
esempio con lo psicanalista infantile, risulta comunque utile, se non
addirittura risolutiva e quindi è da suggerire: infatti, la consultazione
costituisce lo spazio, fisico e psicologico, per poter riflettere su aspetti
educativi, temperamentali, affettivo-relazionali del bambino e della famiglia e
così poterli reindirizzare o modulare. Spesso sono sufficienti pochi incontri perché una situazione di questo
tipo si modifichi.
QUANDO LE PAROLE DIVENTANO DIAGNOSI
In fase di consultazione
specialistica è importante che la valutazione, multidisciplinare e
multicomponenziale, consenta di escludere
o accertare una serie di disturbi dell’età evolutiva che possono
manifestarsi con iperattività, disattenzione ed impulsività e nei quali questi
comportamenti sono presenti, ma rappresentano o un aspetto associato o
secondario.
Nei bambini prescolari, è importante, per esempio, non considerare patologico l’eccesso di attività motoria compatibile con uno sviluppo tipico; d’altro canto, è importante escludere la presenza di un disturbo di coordinazione motoria che, nei bambini piccoli, può manifestarsi come irrequietezza motoria.
In età scolare, va valutata la presenza di disturbi specifici dell’apprendimento, che possono avere come manifestazioni secondarie la disattenzione, la precipitosità e l’irrequietezza. Sia in età prescolare che scolare, vanno poi esclusi disturbi d’ansia o disturbi depressivi che spesso nei bambini si manifestano con irrequietezza motoria.
Nei bambini prescolari, è importante, per esempio, non considerare patologico l’eccesso di attività motoria compatibile con uno sviluppo tipico; d’altro canto, è importante escludere la presenza di un disturbo di coordinazione motoria che, nei bambini piccoli, può manifestarsi come irrequietezza motoria.
In età scolare, va valutata la presenza di disturbi specifici dell’apprendimento, che possono avere come manifestazioni secondarie la disattenzione, la precipitosità e l’irrequietezza. Sia in età prescolare che scolare, vanno poi esclusi disturbi d’ansia o disturbi depressivi che spesso nei bambini si manifestano con irrequietezza motoria.
La valutazione così effettuata
permette di fornire ai comportamenti di iperattività osservati e/o riferiti una
corretta cornice diagnostica e quindi di operare le opportune scelte
terapeutiche, declinate in una presa in
carico multimodale (integrato) tra più figure professionali (neuropsichiatra infantile,
psicoanalista infantile, terapisti, pedagogisti, insegnanti), più tipologie di
interventi (psicologico, psicoeducativo, didattico) e più livelli (bambino, famiglia,
scuola, rete sociale).
A cura di Anna Maria Angelilli
Neuropsichiatra Infantile
SIPSIeS.ORG
A cura di Anna Maria Angelilli
Neuropsichiatra Infantile
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