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BAMBINI E COGNOME DELLA MADRE. IL CAMBIAMENTO POSITIVO CHE NON TI ASPETTI.




COM'È CAMBIATA LA LEGGE SUL COGNOME DEI FIGLI


Dopo che la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo ha chiesto l'infrazione per l'Italia poiché non permetteva ai genitori di registrare all'anagrafe i propri figli anche con il cognome della madre o solo con il cognome della madre se la coppia non è sposata.

I Giudici nella loro sentenza avevano affermato che l'Italia "dovesse" adottare delle riforme legislative o prendessero comunque dei provvedimenti per rimediare alla loro violazione.

Il 24 settembre 2014 la Camera dei Deputati ha approvato la legge, ratificata dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 286 dell’8 novembre 2016 e pubblicata il 21 dicembre 2016, che abolisce l'obbligo che i figli abbiano solo il cognome paterno, introducendo la libertà di scelta per entrambi genitori di attribuire ai propri figli il proprio cognome. Il/la bambino/a avrà solo quello paterno in assenza dell'accordo dei genitori.

La legge prevede che i figli possano portare il cognome o del padre o di entrambi, come già accade in Spagna. Se poi i genitori non trovassero un accordo, i nomi saranno attribuiti al bambino/a in ordine alfabetico. Questa legge vale naturalmente tutti i bambini/e, per i figli nati dentro e fuori il matrimonio, purché riconosciuti da entrambi genitori, e anche per i figli adottivi.


L'IMPORTANZA PSICOLOGICA DI NOME E COGNOME


Il NOME è una parte costitutiva di se stessi rappresenta anche a noi stessi chi siamo, dice “chi sono io”, per questo ad esempio nelle presentazioni come nella firma il nome viene prima del cognome.

Il termine “nome” designa ogni cosa che ci circonda, esseri viventi, oggetti, fatti, concetti, sentimenti e tanto più il nostro essere una persona specifica, diversa da un’altra anche se simile. Intorno al nome si addensano molti significati, i genitori scelgono con cura il nome dei propri figli, spesso coinvolgendo anche altri familiari, è ancora forte la tradizione di avere il nome di uno o più nonni o un nome “di famiglia.

Nome è anche sinonimo di “reputazione” e “onore”, si parla infatti di “difendere il proprio buon nome”, di “avere un buon nome”. Esistono dei modi di dire che ne attestano tutta l'importanza per esempio 'fare il nome di qualcuno' significa in realtà rivelarne l'identità o “citarlo”, riferendosi espressamente a lui.

Il COGNOME invece è quella parte dell'identità personale che indica la famiglia e la discendenza, pur essendo costitutivo dell'identità personale, inscindibile dal nome, ha in realtà anche un ruolo e significato sociale importante: l'appartenenza ad una comunità, ad un gruppo, ad un'etnia, ad una nazione.


Nell'antica Grecia, il cognome includeva il luogo di origine, il clan, e l'essere figlio di, il cosiddetto patronimico.

Nella Roma antica già ai tempi della Repubblica le persone libere, a differenza degli schiavi avevano tre nomi: il "praenomen" che distingueva l'individuo e corrisponde al nostro "nome", il "nomen" che denotava la "gens" di appartenenza simile al nostro "cognome" e il "cognomen" il soprannome che veniva dato ad ogni persona o anche ai miei muri appartenenti ad un ramo particolare di una famiglia.

Dopo la caduta dell'impero romano, ogni persona ed identificata soltanto con il proprio nome a cui venivano dati dei nomignoli familiari, sia la religione cristiana che le invasioni barbariche favorirono la diffusione di nomi nuovi che si aggiunsero a quelli che già venivano usati nella tradizione romana.

In tutta Europa intorno al XII secolo si diffuse l'usanza del cognome come lo intendiamo attualmente che poteva essere originato da una caratteristica di una persona, per esempio: 
il colore dei Capelli: Rossi, Biondi, Mori 
dalla provenienza di qualche antenato: Milanese, Fiorentini, Torinese
da una persona: Di Leo, De Luca, Di Matteo 
se trovatelli in Toscana prendevano il nome dall' "Ospedale degli Innocenti" di Firenze Innocenti, Nocenti, Nocentini mentre nel meridione Diodato, Donadio, Donato. 
In Campania Esposito, Nunziata, Nunziatelli.
Cioè i bambini esposti nella "ruota" (chiusa nel 1875) dove potevano essere abbandonati i bambini, soprattutto di famiglie poverissime o considerati illegittimi  dalle leggi dell'epoca, donati alla protezione della Madonna.

I cognomi potevano però anche derivare 
da una nazione: Alemanni, Greco, Tedeschi 
città: Venezia, Napoli, Palermo
località: Della Valle, Dalla Chiesa, Del Rio di provenienza 
da un mestiere o una professione: Muratori, Barbieri, Scarpari, Vaccari, Tesitore, Pescatore, Notaro, Fornari, Avogadro (avvocato), Callegaris (calzolaio), Consoli, Conti, Giudici.
da soprannomi: Napoleone (dal naso grosso)
da appartenenza religiosa: Levi, Coen, Coin, (ebraica), Canale, Delfino, Palombo, Longo, (valdese), Vadalà, Morabito, Zappalà, Sodano (mussulmana).
Altri potevano essere inventati o l'origine non è ancora stata identificata.

Nel 1564 dopo il Concilio di Trento sancisce l'obbligo per tutti i parroci di tenere un registro ordinato di tutti i battesimi con nome e cognome, per evitare matrimoni tra parenti e consanguinei. Da questo momento in poi anche i soprannomi o i secondi nomi diventano ereditari.

Attualmente si stima che in Italia esistano circa 350.000 cognomi e intorno a 7.000 nomi propri.

Il nome e il cognome sono così importanti che nel 1948 nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo è scritto che:
"il cognome è un'espressione del diritto o dei diritti della personalità che trova il suo primo fondamento nel diritto all'identità personale.

E nel 1959 nella Dichiarazione Universale dei Diritti del Fanciullo l'ONU, sancisce che "il fanciullo ha diritto, fin dalla nascita, ha un nome e una nazionalità" (art.3).

Questo perché troppo spesso in alcune nazioni, ancora oggi, ci sono bambini che non hanno avuto un nome un cognome.

L'omissione del nome o del cognome in una persona soprattutto se bambino, è assimilabile ad una forma grave di abuso, poiché gli viene negato il diritto ad un'identità personale, ad “esistere”, anche da un punto di vista sociale e di appartenere ad una famiglia, ad un gruppo.


Fin dalla primissima infanzia i bambini ancora prima di poter pronunciare la parola "io" o "me", parlano di se stessi utilizzando il proprio nome. 

Nell'esperienza di psicoanalista infantile, in bambini che hanno disturbi depressivi o anche generalizzati dello sviluppo, a lungo parlano di se stessi in terza persona. 
Non sanno dire "io" ma sanno esattamente chi sono e possono parlare di se stessi utilizzando il proprio nome e nelle situazioni in cui siano coinvolti anche i genitori, il proprio cognome.

È proprio con i bambini che si vede allo stato puro l'importanza del cognome, il cognome rappresenta il loro legame con la famiglia, con il papà e la mamma, con i fratelli, con nonni, cuginetti, zii.


SITUAZIONI IN CUI IL CAMBIAMENTO DI COGNOME PUÒ ESSERE TRAUMATICO


Storicamente se ne ha una testimonianza nella la dolorosa esperienza della Venezia-Giulia, dove dal 1926 in poi, durante il fascismo venne perseguita un italianizzazione dei cognomi di più di centomila persone di origine slovena e croata, come anche nella provincia di Trento, dovendo così negare la propria identità familiare e culturale, trovandosi a dover aderire ad una nuova identità, prestabilita e imposta d’imperio dall'esterno. Le conseguenze psicologiche sono ancora rintracciabili come aspetti traumatici trangenerazionali anche ai nostri giorni.

In tempi più recenti si può immaginare la condizione dei collaboratori di giustizia e persone sotto protezione, degli adulti ma anche dei bambini che devono cambiare identità, città, parenti e amici.

Il cambiamento del cognome implica anche la necessità di "diventare qualcun altro", e la difficoltà di poter conciliare la propria identità di prima con la propria identità di dopo il cambiamento.

In un certo senso potremmo paragonarle alle difficoltà, talvolta drammatiche, che si trovano ad affrontare i bambini adottati che hanno bisogno di fare un lungo lavoro in analisi per riuscire dentro di se a conciliare la vita di prima con la vita di adesso, i genitori di prima e i genitori di ora ma anche il cognome di prima e il nuovo cognome, in alcuni casi anche un nuovo nome.


COSA PUÒ IMPLICARE A LIVELLO PSICOLOGICO L'APPLICAZIONE DELLA NUOVA LEGGE

  
Come tutte le situazioni nuove richiedono un periodo di adattamento e di assestamento.

In paesi come la Spagna in cui tradizionalmente c'è il doppio cognome o negli USA dove si può liberamente scegliere se mettere il padre del padre o della madre e da adulti se adottare l'uno o l'altro cognome, questa situazione non sembra creare situazioni di particolare disagio.

Dove la legge è chiara e le regole sono certe, le persone hanno senz'altro facilità di orientarsi e la possibilità di adattarsi alle novità più rapidamente.

Aspetti di criticità invece rimangono in quelle situazioni in cui soprattutto i bambini si trovino a dover cambiare cognome.

Il cambiamento di cognome richiede un lungo periodo di adattamento e sarebbe auspicabile che anziché "negare" un cognome, cancellandolo all'improvviso, un secondo cognome potesse essere aggiunto (come accade in un alcuni tipi di adozione) e il precedente, essere rimosso in un secondo momento.


Il cognome ci permette di capire non solo chi siamo ma anche a chi apparteniamo, “da dove” e “da chi, se apparteniamo a papà o mamma, e intorno al cognome si agitano tutta una serie di domande, ad esempio come si fa ad essere parenti di una nonna che non ha né il cognome di mamma né quello di papà, o ad essere fratelli quando si portano cognomi diversi, come nel caso di secondi matrimoni o di fratelli nati in un altro nucleo familiare.


Sono tutte situazioni che richiedono pazienza, tempo, spiegazioni e chiarimenti da parte dei genitori, e nelle situazioni psicoterapeutiche un lavoro specifico con il proprio psicoanalista.


Adelia Lucattini



Articolo di Adelia Lucattini pubblicato su Blog Medici di MEDICITALIA (La Stampa) dal titolo
"Cognome della madre? Identità personale, fantasie sulle origini e problemi dello sviluppo"

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