La
storia della psichiatria ci ha insegnato a partire dagli anni Settanta, dal
movimento scientifico e culturale che ha portato in Italia alla chiusura degli
ospedali psichiatrici (manicomi), alla costituzione dei servizi territoriali e
all'introduzione di moderni metodi di trattamento: riabilitativi,
psicoterapeutici, psicoanalitici e farmacologici.
La
riforma è stata così fruttuosa che a partire dall'Italia, ha dato inizio ad un
medesimo processo in tutta Europa ed ha trasformato per sempre, in meglio, il
trattamento dei disturbi psicologici e delle malattie mentali negli adulti da
prima, quindi anche negli adolescenti e infine nei bambini.
LO
"STIGMA" DALL' ANTICA GRECIA A NOI
Da
quell' esperienza, clinici e ricercatori hanno scoperto che esisteva un
pregiudizio verso le malattie mentali, a cui hanno dato il nome di
"stigma".
“Stigma”
(o stimma) deriva dal greco στίγμα -ατος, derivato dal verbo di στίζω «pungere,
marcare».
È
un segno di grande valore o di grande peso, positivo o negativo, anche se è
solitamente usato in senso negativo.
Lo
“stigma” è il “segno” che divide, che separa, che allontana. Può essere di una
malattia, di un vizio, di un gruppo.
Più
che segni veri, “tatuaggi” visibili agli occhi, sono “marchi” apposti in e da
un contesto sociale con attitudine alle discriminazioni e all’emarginazione,
incapace di trovare momenti di comprensione e sintesi delle diversità da cui è
composto.
Lo
“stigma” è oggi definito come “il pregiudizio infondato che ha come conseguenza
l’isolamento del malato e l’incurabilità” poiché se un particolare disturbo o
malattia non sono considerati al pari di tutti gli altri, allora non crede
nella possibilità di cura e si nega, all’individuo che ne è affetto, il diritto
al soccorso.
Nonostante
sia stato fatto tanto, nell'inconscio collettivo e anche individuale è rimasto
un pregiudizio rispetto alla disagio psicologico, come se fosse qualcosa di cui
vergognarsi, da nascondere, legato al vecchissimo concetto di “tara ereditaria”
che oggi è stato ampiamente dimostrato essere un elemento spesso assente e nei
casi in cui è presente, con un ruolo marginale nello sviluppo possibile di un
disturbo o una malattia mentale.
I
GIOCATORI IN CAMPO
Si
è visto infatti, e la genetica lo ha confermato, che perché un disturbo
psicologico o una malattia si possano sviluppare nella mente come nel corpo e
devono entrano in gioco esperienze personali, drammi familiari, situazioni
sociali, malattie fisiche, malattie nei genitori, traumi, cataclismi, etc.
IL
PROGRESSO AVANZA...
Con
il progresso scientifico e culturale l'attenzione si è rivolta anche ai più
piccoli, bambini e adolescenti.
Gli
studiosi hanno scoperto che particolarità personali, se non prese in
considerazione e trattate adeguatamente, potevano trasformarsi in veri e propri
disturbi, e questo è sempre possibile anche oggi, causando grave disagio e
dolore nei bambini e nei ragazzi, dispiaceri e una sensazione di fallimento nei
genitori, impotenza e discriminazione all'interno della scuola ed infine anche
una vera e propria disabilità con rischio di fallimento non solo a livello
scolastico ma in alcuni casi proprio nella vita.
...ARRIVANO
I DISTURBI SPECIFICI DELL'APPRENDIMENTO
Nel
1968 l'Office of Education statunitense parlò di "Specific Learning
Disabilities" riferendosi a disordini nella comprensione o nell'uso del
linguaggio, parlato o scritto, che si manifesta con incapacità di ascoltare,
parlare, leggere, esprimersi in maniera corretta nella forma scritta o eseguire
calcoli matematici.
Nei
decenni successivi sono stati individuati alcuni Disturbi Specifici
dell'Apprendimento su base neurologica, motoria, emotiva, ormai ben noti che
sono dislessia, disgrafia, disortografia, disprassia, discalculia, per il quale
sono state approntate delle tecniche specifiche di riabilitazione di lettura
scrittura calcolo poiché si era visto che questi ragazzi non solo avevano
intelligenza normale ma in molti casi erano addirittura plus-dotati, ovvero con
un quoziente intellettivo più alto della media.
Oggi
si sa che alcuni di questi disturbi non sono di natura neurologica ma emotiva
con ricadute nella spera del funzionamento generale del bambino o anche
particolare, alcune abilità specifiche come lettura e scrittura.
...E
IL PROGRESSO AVANZA ANCORA
Passo
successivo è stato quello di scoprire che però pur essendo così intelligenti e,
dopo lunghi anni di riabilitazione, anche capaci di avere degli ottimi
risultati recuperando in parte o del tutto i Disturbi Specifici
nell'Apprendimento, la maggior parte di questi bambini e adolescenti erano
depressi. Neuropsichiatri Infantili insieme agli psicoanalisti si sono chiesti
perché?
Quale
poteva essere il rapporto? Genetico, ambientale, familiare, scolastico?
In
realtà quello che oggi si sa è che il motivo principale è che i ragazzi che
hanno una diversità sono depressi perché loro “sentono di averla” o “sanno di
averla”, anche se nessuno glielo fa notare, anche se nessuno si è n'è accorto,
anche se nessuno li ha per questo discriminati.
Più
sono intelligenti più hanno percezione di questa diversità che però non sanno
definire, che diventa una fonte di stress ed una spina irritativa che li porta
nel giro di pochi anni, soprattutto quando iniziano ad andare a scuola, a
sviluppare un senso di inadeguatezza, incapacità, inferiorità, demoralizzazione
che può infine produrre una vera e propria depressione.
IMPARARE
UNA "NUOVA LINGUA"
Sono
stati proprio i Neuropsichiatri Infantili ad affermare e sostenere che in un
Disturbo Specifico dell'Apprendimento, contemporaneamente alla riabilitazione,
inizi prima possibile anche la psicoterapia, poiché la psicoterapia è una
"prevenzione primaria" rispetto alla possibilità che il bambino
sviluppi un disturbo depressivo nell’adolescenza.
(“Alunni
Speciali. Non solo Dislessia”, De Agostini scuola, 2012)
La
riabilitazione è necessaria e spesso indispensabile, ma lo è altrettanto la
psicoterapia analitica poiché aiuta lo sviluppo di funzioni mentali e a dare
senso e significato alle proprie emozioni.
Questo lavoro di alfabetizzazione delle
emozioni favorisce una crescita armoniosa e migliora il processo riabilitativo.
Per
imparare una nuova lingua è importante conoscerne le regole grammaticali e
apprendere parole nuove.
La
psicoterapia aiuta i bambini e gli adolescenti, attraverso una nuova lingua,
della mente, ad accettare la propria diversità e riconoscere e apprezzare le
proprie "qualità", a vivere la diversità con maggior serenità, a
sfruttare al massimo le proprie potenzialità e a crearne di nuove.
LA
LEGGE SUI B.E.S. E LE SUE DIFFICOLTÀ
Con
la nuova Legge 170 del 2010 e l'obbligo nelle scuole di recepire la legge sui
D.S.A. ed i BES anche per le patologie fisiche, il pregiudizio, che avevamo
chiamato “stigma”, che una volta era rilegato esclusivamente alle malattie
mentali ecco che ce lo siamo ritrovato improvvisamente all'interno della scuola
sotto mentite spoglie.
È
uscito dalla porta ed è rientrato dalla finestra.
Ma
come?
Benché
la legge preveda che i B.E.S. possono essere attivati direttamente dalla scuola
senza certificato medico, ancora in molte scuole, anche a fronte di diagnosi
precise neuropsicologiche e neuropsichiatriche o certificazioni mediche per
malattie fisiche (che ugualmente prevedono Programmi Didattici Personalizzati),
ci sono grandi resistenze da parte di dirigenti (Presidi) e insegnanti a
recepirli o applicarli nella “vita scolastica quotidiana”.
Gli
specialisti si sono naturalmente interrogati sul perché.
IL
PREGIUDIZIO
In
assoluta buona fede, capita molto spesso che gli insegnanti ritengano che
riconoscere ad un alunno la sua diversità significa discriminarlo rispetto agli
altri studenti ed impedirgli di essere “normale”, come tutti gli altri,
“uguale” agli altri, per cui gli negano un diritto di legge o lo inducono a
rinunciare, in nome di una “normalità teorica e generica” che lo studente
spesso non conosce.
Non
la conosce perché non l’ha mai vissuta dentro di sé e quotidianamente lotta con
grande sforzo e dispendio di energie mentali (che alla fine presentano sempre
il conto) per sembrare allineato nel comportamento con i compagni che quel
disturbo non hanno.
Quello
che non viene compreso, probabilmente perché non è conosciuto, è che dietro la
richiesta dei ragazzi che venga applicata la legge secondo le modalità che loro
conoscono perfettamente, ci sono anni di riabilitazione, di pomeriggi passati
insieme ai tutors, insieme agli specialisti, a fare terapie faticose,
incalzanti, stringenti, anche perché i tempi di recupero sono limitati a certe
età della loro vita.
Nel
momento in cui riescono ad ottenere dei risultati applicando mappe concettuali,
utilizzando bene la calcolatrice, imparando a utilizzare da piccolissimi il
computer, con interrogazioni programmate, trovando il coraggio di andare
volontari, questo è per loro un grande traguardo, che li fa sentire normali, in
cui la loro diversità non è qualcosa che, se studiano, pregiudica i loro voti,
e loro rendimento ma li mette attraverso i mezzi dispensativi e compensativi,
al pari degli altri.
I
mezzi dispensativi e compensativi sono la “conditio sine qua non” perché
partano dal “via” con gli stessi strumenti degli altri loro compagni che non
hanno un Disturbo Specifico dell'Apprendimento o non sono affetti da asma
cronico, diabete, disturbi gravi della vista, disturbi dell'accrescimento,
malassorbimento gastrointestinale.
Ai
blocchi di partenza ognuno di loro ha la possibilità attraverso il Programma
Didattico Personalizzato di dimostrare le proprie capacità, la propria
intelligenza e tutto l'impegno, non solo scolastico ma anche extra-scolastico
per arrivare lì, dove si trovano in quel momento, prima che l'insegnante,
giudice di gara, spari il colpo di inizio della competizione.
L'ORGOGLIO
L'orgoglio
è senz'altro un sentimento sano, che a che fare con l'identità e con la
professionalità guadagnata duramente e spesa quotidianamente dagli insegnanti
nello svolgimento del loro lavoro.
Ma quand'è che l'orgoglio diventa un
ostacolo?
Quando
gli insegnanti non comprendendo il proprio pregiudizio, si sentono prevaricati
da uno specialista che può essere psicologo, psicoanalista, psichiatra, o
neuropsichiatra infantile; dai genitori che ormai hai fatto anni di
riabilitazione insieme ai loro figli accompagnandoli, assistendoli, facendo i
compiti con loro, e dagli stessi alunni e studenti che addestrati dai loro
terapeutiche per assicurati da loro psicoterapeuti, sono in grado di spiegare
ai docenti di che cosa si tratta.
In
questo caso l'orgoglio può giocare brutti scherzi, poiché anziché mettere nella
condizione di porsi domande e affrontare coraggiosamente la sfida della novità,
dell'incomprensibile, del mai visto, del nuovo, difficile per chi non ha avuto
mai nella propria esistenza o nel lavoro un’esperienza di questo tipo, può
limitare una capacità di identificazione e di comprensione del problema.
LA
NEGAZIONE. SE NON LO VEDO NON ESISTE
E
allora che cosa entra in gioco?
La
negazione. Se il problema viene negato e non visto, allora non esiste.
Naturalmente
parliamo di dinamiche inconsce, ben sapendo che l'inconscio è una funzione
della mente che ognuno di noi possiede poiché geneticamente determinato in ogni
essere umano, anche se però si può sviluppare solo ed esclusivamente all'interno
di una relazione umana, con la madre, il padre e le figure che accudiscono il
bambino.
E
LE CONSEGUENZE...
Le
conseguenze sono sovente una comparsa, ricomparsa o aggravamento dei disturbi
depressivi degli studenti, soprattutto alle scuole medie e alle scuole
superiori.
(Usiamo questo termine per semplificare, ben
sapendo che con la riforma della scuola si parla di Scuola Secondaria di Primo
Grado e di Secondo Grado).
La
depressione nei ragazzi gioca dei tiri mancini: diminuisce il rendimento,
scoraggia, fa cambiare scuola, fa abbandonare la scuola, talvolta causa proprio
un interruzione degli studi.
Può
portare all'uso di alcol e cannabis, al gioco d'azzardo, fin dalle scuole
medie.
QUANDO
UNA BUONA INTENZIONE NON "PORTA A CASA" BUONA RISULTATI
E
così il pregiudizio o "stigma", unito all'orgoglio, anziché aiutare e
valorizzare l'intelligenza indiscutibile di questi ragazzi come nell'intenzione
del Corpo Docente, ne causa la resa, anticamera del sentirsi
"perdenti", stupidi, falliti.
Il
mancato riconoscimento di un B.E.S. o di un Programma Didattico Personalizzato
diventa la prova "tangibile", per i ragazzi pre-adolescenti e
adolescenti, che tutti i loro sforzi sono non né visti né riconosciuti, che la
fatica che fatta e che continuano a fare per riuscire ad arrivare ad armi pari
ai blocchi di partenza non serve, non è apprezzata, che l'impegno non paga e
soprattutto che viene chiesto loro ancora una volta di non giocare ad armi
pari.
Dovranno
"fare finta" di non essere dislessici, disgrafici, di non avere
discalculia, disgrafia, dovranno fare finta di non avere malattie fisiche, di
non essere depressi o ansiosi, fare finta che la loro vita sia normale, senza
fatica, piena solo di gioie perché gli viene valorizzato l'aspetto cognitivo,
razionale, il quoziente intellettivo.
L'INCONSAPEVOLE
INGANNO
Qual
è l'inconsapevole inganno?
Sono
proprio i ragazzi più intelligenti ad avere una percezione più chiara e netta
delle proprie difficoltà, della propria diversità, della fatica che fanno gli a
cui riescono a dare un nome ed una causa, e sono spesso anche più diligenti
nello studio e nella riabilitazione, più costante nella psicoterapia e nei
trattamenti di cui si rendono conto di avere bisogno.
Nonostante
la fatica e la privazione in parte di una vita uguale a quella dei loro
compagni, accettano la sfida e rispondono alle richieste degli specialisti e
dei genitori, perché sanno che sono necessari per raggiungere gli obiettivi che
loro stessi desiderano e che hanno fatto propri.
L’inconsapevole
inganno, è “fare finta” da parte degli insegnanti, che tutto vada bene, andrà
bene e arriveranno al traguardo proprio “come gli altri”, senza “aiuti”.
Scambiando
una “necessità” per un ingiusto “favore” che li penalizza di fronte ai
compagni, non accettabile “moralmente” dagli adulti, attirando talvolta nel
“tranello” anche i genitori, poiché essendo “ragazzi così intelligenti” ce la
faranno “lo stesso”, con le proprie forze, da soli.
Ma
nessuno si salva da solo.
EMOZIONI
E SENTIMENTI
Ogni
essere umano non è fatto solo di aspetti cognitivi, d’intelligenza pura e
astratta, ma è fatto anche di emozioni, sentimenti, impulsi, pulsioni, bisogni
e desideri.
Sentirsi
calpestati nei propri aspetti emotivi e affettivi, desideri, bisogni,
sentimenti, paure, speranze, fa sentire non capiti e non amati, imbelli e
indifesi:
Costretti
a combattere "a mani nude" una gara impari.
Ed
infine fa sentire negativamente marginalizzati e diversi, come ai tempi delle
"classi differenziali".
LE
"CLASSI DIFFERENZIALI" DELLA MENTE
La
sfida e l'impegno di oggi in cui, grazie a ricercatori e scienziati,
pedagogisti e specialisti, giuristi e legislatori illuminati e lungimiranti, le
“classi differenziali” non esistono più, è di farle defluire anche dalle nostre
menti.
Rendere
libere da pregiudizi inconsci, il cuore e la mente collettiva (sociale) e
individuale, di tutte le persone che in questa società vivono, per permettere a
tutti di vivere in un modo migliore.
Adelia Lucattini
Articolo
di Adelia Lucattini pubblicato su Blog Medici di MEDICITALIA (La Stampa) dal
titolo
"Orgoglio
e pregiudizio. L’Inconsapevole stigmatizzazione dei B.E.S."