Oggi assistiamo al manifestarsi, soprattutto nelle bambine ma anche nei maschietti, dai 5-6 anni in poi, di un'attenzione "sopra le righe" per la moda e le sue tendenze, fino a diventare un vero e proprio "tormento" sia per loro che per i genitori. La psicologia e la psicoanalsi ci aiutano a capirne le cause e a ci aiutano a cercare di trovare dei modi per riportare i nostri figli "
IL MITO: DIVENTARE "POPOLARE"
Da
sempre i bambini hanno bisogno di riconoscersi nel loro gruppo, a scuola, nello
sport, alle feste, nelle "occasioni".
Da sempre i genitori scelgono
per loro il tipo di abbigliamento, adeguandolo ai momenti della giornata, alle
attività da svolgere e alle situazioni sociali.
Oggi però assistiamo a un
fenomeno nuovo, al manifestarsi, in bambini e bambine dai 5-6 anni in poi, di
un'attenzione "sopra le righe" per la moda e le sue tendenze, fino a
diventare un vero e proprio tormento sia per loro che per i genitori.
Si manifesta in molti ambiti nei vestiti, nei telefonini, nei giocattoli, li accomuna la ricerca della marna nota, del nome di tendenza, della casa produttrice "cool" o in tutto quello che a seconda di luoghi ed età è considerato uno "status symbol" e permette di sentirsi "popolari", italianizzazione di "popular", che ha successo, che piace al pubblico, che ha molto seguito.
FASHION ADDICTED", PERSONAL-SHOPPER, STYLIST. TUTTI CAPRICCI?
Il
termine coniato nel mondo della moda per definire questo genere di persona è
"fashion addicted", un'esperta di moda che può fare di questa
passione un lavoro fino a diventare una "personal-shopper" o una
"stylist", che aiuta e consiglia nella scelta dei capi e dello stile
personale.
Nelle piccole "fashion addicted" questo atteggiamento può
essere nel migliore dei casi espressione di un capriccio o una forma precoce di
"dipendenza" da un marchio di moda, un capo firmato o "targato"
con un prodotto, un personaggio famoso, un cartone animato.
TANTE "COPERTE DI LINUS"
Gli
oggetti suscitano nei bambini emozioni positive, consolano, fanno compagnia,
rappresentano le persone a cui vogliono bene, i momenti speciali vissuti con
loro. Gli abiti sono come giocattoli, "oggetti transizionali" che
rappresentano il rapporto con le persone a cui i bambini sono legati: se la
"coperta di Linus" fosse un pantalone o una maglietta, non
sembrerebbe più così esilarante e paradossale.
Inoltre i vestiti s'indossano,
coprono, fasciano, proteggono, danno uno stile e rimandano a una precisa
immagine di sé che colloca nel mondo, tra amichetti e adulti. Somigliare alle
compagne, appartenere a un gruppo fa sentire "speciali", attenua la
paura di essere soli, aiuta a sopportare e a resistere alle separazioni.
QUANDO L'INVIDIA GIOCA BRUTTI TIRI
Quando
però il desiderio per una cosa bella, anche un po' speciale, viene sostituito
dall'invidia, dal "lo voglio avere anch'io a tutti i costi", che non
dà più pace, ciò è indice di un'insicurezza che va un po' oltre quella naturale
dei bambini.
Insicurezza che, se negata, chiede prepotentemente d'essere
riempita da un oggetto, un "abito", che vesta, copra, faccia
somigliare così tanto a qualcun altro ritenuto migliore, che renda più belli,
più forti, "superiori" magicamente, senza sforzo e senza fatica.
Il
piacere dato dall'appagamento di un desiderio, come da un regalo tanto atteso,
che rende sereni e fa stare in pace con se stessi, scompare, quando s'instaura
una dipendenza da un oggetto, una cosa inanimata, uno status-symbol, e viene
sostituito dal bisogno più elementare e primitivo di "possedere".
LA QUANTITÀ INVECE DELLA QUALITÀ
Nella
mente del bambino la "qualità" può cedere spazio alla
"quantità", al numero, alla massa delle cose che rafforzano una
sensazione distorta di superiorità: più possiedo, più valgo, ma se per apparire
ed essere bisogna avere, allora il tutto diventa una rincorsa senza fine, un
vaso di Pandora senza fondo.
Ottenuto il primo, si rincorre il secondo, avuto
il secondo, si cerca il terzo, e così via. Il precursore nell'infanzia di
quello che nell'adolescenza e nell'età adulta potrà trasformarsi, se non
compreso e corretto in tempo, in "shoppping-mania".
L' EQUAZIONE MALIGNA DEL "SONO QUEL CHE SEMBRO"
Dal
punto dello sviluppo psicologico, il pericolo principale è che nella mente
della bambina, quello che indossa si sostituisca a quello che lei è: non solo
che la rappresenti simbolicamente o metaforicamente ma che diventi lei, che
"sia" lei.
È l'equazione maligna del "io sono quello che
sembro", l'abito che fa il monaco agli occhi di se stessa e del mondo. I
primi bagliori di un possibile "Falso Sé" di cui può diventare
prigioniera da adolescente.
QUANDO C'È DIPENDENZA SI SENTE SOLO "LA MANCANZA"
La
dipendenza da un oggetto, vestito o marchio, a quel punto è già percepita
soltanto "al negativo": lei ne sente la mancanza, soffre se non lo
può avere, ottenerlo diventa un obiettivo prioritario, a volte unico.
Da qui
comportamenti richiedenti, petulanti, aggressivi, prepotenti o seduttivi nei
confronti dei genitori: possedere l'oggetto non è una semplice vittoria o un
premio, è un trionfo.
SOMIGLIANZA O OMOLOGAZIONE DA "PUBBLICITÀ"?
Osservando
i bambini e i ragazzi fuori dalle scuole, essi appaiono spesso somiglianti,
uguali, un po' omologati, e in questo possono avere una certa influenza anche
alcuni messaggi pubblicitari di case di moda o programmi televisivi, film e
reclame che propongono bambine in atteggiamenti da donna, che sfilano con le
mani sui fianchi o posano in atteggiamenti o con sguardi ammiccanti che
stridono con la gestualità spontanea dei bambini di quell'età.
Alcune campagne
possono condizionare i bambini, sollecitandoli a diventare più grandi, prima
del tempo.
LA RICERCA
"Terre
des Hommes Italia", una delle più grandi organizzazioni al mondo per la
difesa dei diritti dei bambini, nel novembre 2012 ha pubblicato la Carta di
Milano, in dieci punti, "Per il rispetto delle bambine e dei bambini nella
comunicazione", redatta con la collaborazione di comunicatori, agenzie
pubblicitarie, docenti universitari, insegnanti, professionisti.
Al punto 3 la
Carta dice: "La comunicazione deve
tenere conto delle differenti età dei bambini e delle bambine coinvolti
rispettandone la naturale evoluzione.
Non bisogna rappresentarli in
comportamenti, atteggiamenti e pose inadeguate alla loro età e comunque non
corrispondenti al loro sviluppo psichico, fisico ed emotivo.
Ogni precoce
erotizzazione dei bambini e delle bambine va bandita dalla comunicazione".
ESSERE "UGUALI" PER ESSERE..."AMICI"
Se
tutti gli amichetti hanno un certo tipo di maglietta, è naturale che il proprio
bambino chieda di essere come loro, di essere "uguale", sperando così
di poter diventare loro amico, magari "più amico" di un altro, e da
sempre le bambine si vogliono vestire come le mamme, l'importante è che queste
ultime possano trasmettere delle comunicazioni corrette, insegnando a
distinguere e separare i momenti e le situazioni a cui possono essere
naturalmente abbinati anche degli abbigliamenti appropriati.
C'è un abito per
ogni occasione.
LE SOLUZIONI CI SONO. FACCIAMO... "SQUADRA"?
A
tutto questo esistono buoni rimedi: le squadre hanno le loro divise, le
orchestre i loro abiti e distintivi, così gli scout, le associazioni e alcune
scuole.
Se
i genitori non si lasciano risucchiare nel vortice delle richieste dei loro
bambini, invertire la tendenza non sarà poi così difficile.
1- Innanzitutto è bene
attribuire un valore a ogni cosa, economico e simbolico, anche a un capo
firmato.
2 - Il bambino deve sapere quanto costa il vestito, la scarpa o l'oggetto che chiedono
3 - Il bambino deve comprendere quanto è necessario, anche in
termini di tempo, che i genitori lavorino, s'impegnino, fatichino, risparmino,
per poterselo permettere, per poterglielo regalare.
I bambini non hanno il senso del denaro, questo può essere un modo per iniziare a parlarne e a insegnarlo.
I bambini non hanno il senso del tempo, questo può essere un modo per iniziare a parlarne e a insegnarlo.
4 - Riconoscere il valore
dell'appartenenza e del voler essere "come" gli altri,
5 - Spiegare che gli oggetti sono cose
6 - Far comprendere che il valore personale è dato prima di tutto dalle
proprie qualità interiori, dal carattere, dalla capacità di stare bene con se
stessi e con gli altri.
"FASHION-ADDICTED": UN MODO "SANO" PER IMPARARE IL "BUONGUSTO"
Ai
bambini può essere insegnato a essere "fashion addicted" in modo
equilibrato, positivo: il vestirsi sapendo abbinare i colori, scegliere tra gli
stili e le varie combinazioni, il vestito adatto per la scuola, per le attività
all'aperto, lo sport, una gita, le feste tra coetanei e le
"occasioni" con i grandi, saper distinguere tra estate e inverno,
vestirsi "a cipolla".
I vestiti possono essere scelti in base all' umore del giorno e al proprio gusto, perché i bambini hanno un loro
"gusto", da bambini appunto, colorato e divertente a saperlo
guardare, associato all'entusiasmo e alla curiosità di sperimentare e conoscere
sempre cose nuove.
I bambini desiderano imparare, amano essere guidati e
consigliati anche quando chiedono di essere lasciati liberi di scegliere.
E, se
è vero che sbagliando s'impara, sotto lo sguardo attento, divertito e paziente
di genitori, nonni e nonne, zii e zie, è certo che impareranno più volentieri.
Adelia Lucattini
Articolo di Adelia Lucattini
"La
mia bambina è una fashion victim"
Pubblicato su D-Repubblica - Lifestyle