Con l'arrivo all'università, organizzata in modo diverso rispetto alle scuole superiori, spesso
ragazzi si sentono disorientati e confusi, impiegano un po' di tempo a capire sia il funzionamento dei corsi che come preparare e sostenere gli esami.
La programmazione autonoma dello studio non sempre è oggetto d'insegnamento nel corso di studi precedenti, attraverso metodiche didattiche specifiche e finalizzate a questo.
Per indicarne alcune possibili: interrogazioni programmate, insegnamenti e verifiche "a progetto", "tesine" su argomenti specifici,
Solo all'ultimo anno delle superiori in vista dell'esame di maturità è prevista la stesura di una tesina.
Arrivati all'università non è difficile sentirsi agitati, "indietro" rispetto ai compagni o "bloccati".
Impressioni e sensazioni che se non corrette possono in breve tempo portare a sentirsi "non all'altezza" e perfino incapaci, con grande disagio e sofferenza personale, non sempre comunicata nel tentativo di "farcela da soli" o per imbarazzo o per vergogna.
Se la paura si trasforma in terrore, l'inibizione (blocco) aumenta ed è possibile iniziare a rimandare gli esami, anche se si è studiato e si è preparati.
Può poi affacciarsi la paura di deludere o far dispiacere ai genitori con difficoltà a parlare con loro della nuova situazione.
Questo può innescare un circolo vizioso che può portare a perdere fiducia nelle proprie capacità anche in studenti brillanti.
Il passaggio all’università è un momento complesso anche per il cambiamento di amicizie e di ambiente, sia per chi rimane nella propria città sia per chi deve spostarsi in un'altra.
Sono frequenti momenti di preoccupazione e di ansia, senso di solitudine e smarrimento.
Il primo passo è essere consapevoli che è una situazione condivisa, anche se non comunicata, con tutte le altre "matricole", per ognuno o avrà sfumature e durata diverse, ma èuna sorta di "rito di passaggio" interiore, familiare, sociale ineludibile. Uno dei tanti.
Il secondo passo è parlarne con un amico o un'amica fidata, quindi con un adulto che ci sia passato e con i propri genitori.
Quando l’emotività non gestita, l’ansia e i
pensieri tristi cominciassero ad essere insistenti e quotidiani, potrebbero ad interferire con lo studio che è il primo a risentirne.
In questo caso è importante potersi rivolgere a
uno specialista, psicoterapeuta e psicoanalista.
In alcuni casi non è escluso che possa essere necessaria anche una terapia
farmacologica, ma sempre su indicazione e prescrizione dello psichiatra che poi potrà essere proseguita anche dal medico di famiglia.