È
da poco trascorsa la Giornata Mondiale per la Consapevolezza dell’Autismo,
indetta dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 2007, con
l’adozione della Risoluzione 62/139. In quella occasione si decise di
proclamare la data del 2 aprile Giornata Mondiale di Sensibilizzazione
sull’Autismo, invitando tutti gli Stati Membri ad intraprendere e supportare
iniziative volte a sensibilizzare la società sulla condizione autistica e il
blu divenne il colore simbolo delle varie manifestazioni previste in questa
giornata.
D’altra
parte, le problematiche connesse alle condizioni di spettro autistico, per le
persone che ne risultano affette e i loro familiari, si pongono da tempo
all’attenzione sia del mondo clinico sia di quello giuridico normativo: l’osservazione
dell’aumento, soprattutto negli ultimi anni, della prevalenza dei disturbi di
spettro autistico e, più in generale, dei disturbi del neurosviluppo, ha
portato alla necessaria riflessione sia sulle motivazioni sottostanti questo
dato epidemiologico da un punto di vista neurobiologico.
ASPETTI
EPIDEMIOLOGICI
Nelle
ultime decadi si è assistito ad un aumento significativo delle stime di
prevalenza dei disturbi dello spettro autistico (Autism Spectrum Disorders,
ASDs), tanto da arrivare a parlare di ‘epidemia’ per le condizioni di autismo.
Va tuttavia anticipato che non esiste una stima di prevalenza unica ed univoca,
ma diverse stime di prevalenza tra i vari paesi: ad esempio, i dati più recenti
di prevalenza del disturbo di spettro autistico relativi agli Stati Uniti
riportati dal sistema di sorveglianza “Autism and Developmental Disabilities
Monitoring Network” (ADDM), sono di un caso ogni 68 abitanti nel 2012, un caso
su 88 nel 2008, un caso su 151 nel 2002.
Stime
di prevalenza di altre parti del mondo, pur condividendo il dato di un aumento
della prevalenza del disturbo, tuttavia evidenziano una grande eterogenicità di
risultati. In Italia, sono disponibili i dati di prevalenza di alcune regioni:
ad esempio, per il Piemonte, la stima di prevalenza, nella fascia di età
compresa tra 6 e 10 anni, era 4.2/1000 nel 2010; per l’Emilia Romagna, la stima
di prevalenza, nella fascia di età compresa tra 6 e 10 anni, era 2.4/1000 nel
2010.
COME
SPIEGARE L’AUMENTO DI PREVALENZA?
Uno
dei fattori chiamati in causa è il cosiddetto ‘shift’ (spostamento) delle
diagnosi. In altri termini, si ipotizza che l’adozione di nuovi sistemi di
riferimento nosografici e strumenti di diagnosi abbia portato ad individuare e
quindi collocare all’interno della diagnosi di spettro autistico, condizioni
che in passato, nei precedenti sistemi di classificazione nosografica e prima
dell’adozione di protocolli diagnostici condivisi e scientificamente validati,
ricevevano una diversa designazione diagnostica: ad esempio di disturbo di
linguaggio, disturbo di disregolazione emotiva, ritardo cognitivo.
Un
altro fattore proposto a spiegazione dell’aumento di prevalenza è il fatto che
oggi, rispetto al passato, si arrivi a formulare una diagnosi di spettro
autistico mediamente molto prima rispetto al passato: mentre in passato, la
diagnosi veniva spesso posta a sintomatologia conclamata e dopo i 3, anche 4
anni di età, oggi gli strumenti diagnostici permettono ai clinici di formulare
diagnosi affidabili ed attendibili sotto i 3 anni di età, anche a 2 anni e di
individuare dei campanelli di allarme prima del compimento dei 2 anni.
Un
altro fattore considerato è che, per certi aspetti, procede in parallelo con
gli altri sopra citati, è la crescente sensibilizzazione intervenuta nell’opinione
pubblica rispetto alle problematiche dell’autismo: ciò ha probabilmente portato
genitori e famiglie a rivolgersi ai servizi dedicati alle problematiche
neuropsicologiche dell’età evolutiva prima e di più rispetto al passato, fosse
anche solo per fugare ogni dubbio.
Questo
aspetto è strettamente interconnesso con la disponibilità e facilità di accesso
ai servizi di neuropsichiatria e neuropsicologia dell’età evolutiva: in altri
termini, più un territorio dispone di servizi dedicati e/o questi sono di facile
accesso per l’utenza, più quest’ultima avrà modo di rivolgersi ai servizi e
maggiore sarà quindi la probabilità di intercettare situazioni necessitanti un
inquadramento diagnostico.
Le
differenze riportate nelle stime di prevalenza per gli ASDs nei vari studi e
tra i vari paesi, probabilmente riflettono le differenze nella conduzione
metodologica, nel range di età considerato da ogni studio e nelle politiche
sociosanitarie e quindi accessibilità ai servizi proprie di ogni Stato.
ASPETTI
NEUROBIOLOGICI
Gli
studi sui gemelli omozigoti hanno ampiamente fatto emergere la componente genetica, in
termini di ereditarietà, dei disturbi dello spettro autistico.
La
concordanza e cioè la ricorrenza del disturbo tra gemelli, tuttavia non è
totale: tra gemelli monozigoti è più alta, compresa tra il 60% e 90%, tra
gemelli dizigoti varia tra il 21 e 35%.
Gli
studi di ricorrenza del disturbo tra fratelli, hanno messo in evidenza una
ricorrenza più alta nelle famiglie in cui sono presenti più figli con disturbo
dello spettro autistico, rispetto a famiglie in cui un solo figlio presenta
tale problematica.
Ciò
lascia supporre che per quanto ci sia una significativa componente di
ereditabilità del disturbo, su base genetica, tuttavia, questa da sola non
basta a determinare il disturbo stesso.
Gli
studi genetici sulle famiglie hanno permesso di individuare diversi geni
associati agli ASDs: associati vuol dire che la presenza di mutazioni, a vario
livello e di vario tipo, in questi geni non causa l’autismo, ma conferisce una
predisposizione genetica a svilupparlo. Inoltre, si è visto che la maggior
parte dei geni associati agli ASDs non sono specifici ed unici per l’autismo,
ma conferiscono una predisposizione più in generale verso i disturbi del
neurosviluppo.
Le alterazioni genetiche individuate consistono per lo più in alterazioni nel numero delle copie presenti per ogni gene (Copy Number Variations, CNVs) o in mutazioni puntiformi, di singole basi (Single Nucleotide Polymorfism, SNP).
Le alterazioni genetiche individuate consistono per lo più in alterazioni nel numero delle copie presenti per ogni gene (Copy Number Variations, CNVs) o in mutazioni puntiformi, di singole basi (Single Nucleotide Polymorfism, SNP).
Nella
maggior parte dei casi, queste alterazioni riguardano più geni
contemporaneamente nello stesso individuo: in altri termini, non è
l’alterazione puntiforme o la variazione nel numero delle copie in un singolo
gene a conferire suscettibilità a sviluppare l’autismo, ma l’interazione delle
alterazioni a carico di più geni.
La
maggior parte dei geni identificati codifica per proteine coinvolte nel
neurosviluppo e nella funzionalità delle sinapsi neuronali, come ad esempio le
proteine della famiglia delle reline (RELN) e delle neuroligine (NLG).
Le
reline sono glicoproteine e implicate nella formazione del citoscheletro e
nella migrazione delle cellule neuronali, le neuroligine sono molecole di
adesione cellulare che svolgono un ruolo nell’avviare la formazione
pre-sinaptica e nel mantenere l'equilibrio tra segnali inibitori ed eccitatori:
si ipotizza quindi che alterazioni a carico di questi geni determinino
alterazioni strutturali a livello delle sinapsi e quindi dei sistemi di
regolazione e trasmissione neuronale.
In
una minoranza dei casi di ASDs la componente genetica è caratterizzata da
mutazioni o riarrangiamenti cromosomici che insorgono de novo o da mutazioni
che configurano veri e propri quadri sindromici, come ad esempio le mutazioni a
carico dei geni PTEN, FMR1 o SHANK3.
Gli
studi di neuroimaging hanno messo in evidenza sia alterazioni
anatomo-morfologiche in alcune aree del sistema nervoso centrale dei soggetti
affetti da ASDs sia alterazioni nei livelli di organizzazione della sostanza
bianca.
Questi elementi, unitamente al dato clinico di un’accelerazione dell’accrescimento della circonferenza cranica nei primi due anni di vita, sostengono l’ipotesi di un’alterazione nell’organizzazione sinaptica nell’ASDs: in particolare, un’alterazione nei processi morte programmata (apoptosi) delle spine dendritiche in eccesso degli assoni neuronali e conseguente alterazione nella organizzazione della sostanza bianca.
Questi elementi, unitamente al dato clinico di un’accelerazione dell’accrescimento della circonferenza cranica nei primi due anni di vita, sostengono l’ipotesi di un’alterazione nell’organizzazione sinaptica nell’ASDs: in particolare, un’alterazione nei processi morte programmata (apoptosi) delle spine dendritiche in eccesso degli assoni neuronali e conseguente alterazione nella organizzazione della sostanza bianca.
Da
un punto di vista neurobiologico e neurofisiopatologico, i disturbi dello
spettro autistico, vengono considerati come disturbi della connettività neurale
caratterizzati da un eccesso di connessioni locali e da un difetto di
connessioni a distanza tra differenti regioni funzionali del cervello.
L’ipotesi
è che uno sviluppo anomalo dei processi di morte cellulare programmata
(apoptosi), di potatura delle arborizzazioni neuritiche superflue (pruning), di
migrazione neuronale, di eliminazione/formazione delle sinapsi, di
mielinizzazione, per le alterazioni nei geni prima descritti, esiti nel
fallimento di una giusta orchestrazione tra eccitazione ed inibizione
neurotrasmettitoriale sinaptica.
RIFLESSIONI
CONCLUSIVE
Da
quanto esposto risulta evidente come i disturbi dello spettro autistico
risultino condizioni estremamente complesse ed eterogenee: da un lato, il dato
epidemiologico conferma la necessità di politiche sanitarie e sociosanitarie
sempre più orientate alla identificazione precoce dei casi sospetti e alla
presa in carico integrata e sostenibile; dall’altro gli studi genetici
confermano la difficoltà di un inquadramento genetico unico ed unitario ed anzi
supportano il dato di una multifattorialità nella patogenesi degli autismi.
Componenti
genetiche interagiscono fra loro per definire un livello di suscettibilità a
sviluppare il disturbo, ma occorre la presenza di altri fattori, non genetici,
ma ambientali in senso variamente inteso, per determinare il disturbo.
A
cura di Anna Maria Angelilli
Neuropsichiatra
Infantile
Leggi l'articolo originale di Anna Maria Angelilli
“Disturbi
dello spettro autistico: aspetti epidemiologici e neurobiologici”